Bologna li 30 giugno 2020
Dott. Raffaele Donini
Assessore Regionale alla Salute
Regione Emilia-Romagna
p.c. Alle Organizzazioni Sindacali
della Dirigenza Medica
Alle Organizzazioni Sindacali
Della Medicina Convenzionata
Agli Iscritti
Oggetto: Accordo Regionale Medici di Emergenza Territoriale – Mancata Intesa
Spettabile Assessore,
A seguito dell’infruttuoso tentativo negoziale utile anche a contenere la drammatica situazione dell'emergenza-urgenza, ci pare opportuno rappresentarle alcune considerazioni sia sindacali che professionali.
Pur essendo comune desiderio di supportare gli organici ospedalieri in crisi, ad oggi vi e’ divergenza sul modo di farlo, volendo la parte pubblica impostare una logica distante dal rispetto dello specifico inquadramento convenzionale.
Da un lato la Regione chiede che si possa instaurare una “libera scelta”, economicamente guidata, volta a creare di fatto due fattispecie di medici di emergenza territoriale, dei quali una, sotto la spinta economica, potrebbe tranquillamente - come purtroppo avvenuto sistematicamente - qualificarsi come dipendente “bonsai” agente “in piena integrazione” senza purtuttavia tuttavia né esserlo né poterlo formalmente e sostanzialmente diventare, non possedendo né tantomeno potendo acquisire i titoli richiesti dalla legge.
Dall’altra parte invece, la visione sindacale secondo la quale il medico deve operare secondo il contratto collettivo scelto, e supportare l’assistenza ospedaliera all’interno di regole condivise, ben definite ed elastiche, ricevendo compensi diversificati in funzione della quantità e qualità delle prestazioni professionali a cui è chiamato nel rispetto della propria autonomia professionale.
La storia del settore in questi ultimi 20 anni ha purtroppo generato in molte aziende scenari di mancato sostanziale rispetto degli accordi di settore registrandosi molteplici casi di medici che non hanno avuto l’occasione, talvolta non per loro volontà, di operare nemmeno per un’ora nei compiti contrattuali per i quali erano e sono pagati per essere invece usati in via “succedanea” come “dipendenti” senza esserlo, con un trattamento economico da decine di migliaia di euro di differenza - ovviamente in meno - tra retribuzione e contribuzione, al netto delle tante tutele inesistenti per la diversa natura e finalità del rapporto di lavoro.
Capirà Assessore, che non è possibile, oggi, dopo tanti anni di queste “storture” o “devianze contrattuali” o “variazioni sul tema” comunque illegittime, avallare una logica di “piena integrazione” così concepita, e già subita, che ha portato tanti ad abbandonare i servizi di emergenza proprio per la sistematica violazione delle proprie prerogative contrattuali, spesso capziosamente interpretate.
Non è nemmeno possibile, ex-post, tentare di ottenere da parte nostra un avvallo di quei modelli, mai condivisi, che oggi purtroppo sono all’attenzione di diversi organismi chiamati ad esprimersi sulla liceità degli atteggiamenti tenuti nei confronti di quei professionisti.
A parità di risultato atteso, ovvero di poter contare sul supporto di medici dell'emergenza territoriale 118 alla copertura di strutture ospedaliere, le strategie di parte pubblica e di parte sindacale presentano ad oggi questo inconciliabile punto di divergenza.
Ci rendiamo conto che Lei Assessore non possa rispondere della miriade di problemi vuoi talvolta causati, vuoi talvolta ignorati dalle precedenti amministrazioni, ma purtuttavia, come abbiamo premesso all'inizio delle trattative, come Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani abbiamo ed avremo l'intenzione ed il dovere di sottoscrivere intese che producano soluzioni ai problemi e concreti risultati nell'interesse di tutti gli attori del sistema.
Non possiamo avvalorare ed alimentare organizzazioni inadatte che ancora alcune aziende vorrebbero poter perpetrare, come quella di invertire il ruolo e le funzioni di medici 118 e medici di pronto soccorso, mettendo contemporaneamente uno a fare il lavoro dell’altro, nella logica della “piena integrazione dei doveri, ma solo di quelli”.
Capiamo la difficoltà di certe strutture, ma continuare oggi ad alimentare certe logiche organizzative, non imponendo il necessario cambiamento, equivale per noi a “dar da bere all’alcolista”.
Crediamo ci sia necessità di “elaborare il lutto” di un modello insostenibile, e di farlo oggi, pur nella consapevolezza di aver accumulato un grave ritardo e che – come suol dirsi - il latte è oramai versato.
Nel giorno della “proroga” delle USCA, categoria professionale equamente retribuita con una giusta tariffa, molto superiore a quella dei medici d’emergenza, quotidianamente esposti a responsabilità e rischi quadrupli, questo ci lascia comunque delusi.
A distanza di 14 anni dalla precedente intesa, non possiamo nemmeno valutare l’ umiliante proposta regionale secondo la quale un medico di emergenza territoriale dovrebbe operare oltre che nei gravosi compiti di soccorso extra ospedaliero, anche negli ambulatori a bassa criticità per ben 28 euro circa lordi all’ora, tariffa addirittura inferiore a quella già pattuita nel 2006 per un’ora di ambulatorio medico generico della continuità assistenziale che a quell’epoca ne prendeva 32 l’ora. Oggi quei medici stanno invece ricevendo, a differenza di quelli di emergenza, per gli stessi ambulatori, proposte tra i 40 ai 60 euro orari.
Non possiamo nemmeno accettare che questa intesa veda eliminate le nostre motivate richieste di impegno ufficiale rispetto la necessità di rispettare leggi, accordi e contratti, inquadrando il personale correttamente, e attuando modelli organizzativi rispettosi di medici e pazienti:
Richieste a seguito di documentate problematiche come ad esempio - per non far nomi - l'azienda X, ove la gran parte del personale medico dell'emergenza territoriale viene reclutata tramite associazioni di volontariato al di fuori dei perimetri contrattuali tanto della dirigenza medica quanto della medicina convenzionata. Oppure , l'azienda J ove diversi medici pare non abbiano mai neanche potuto operare un'ora nell'ambito delle funzioni espressamente previste dal proprio contratto, o in altro ambito territoriale, dove il servizio di emergenza territoriale viene garantito tramite medici di famiglia che sarebbero di per sé incompatibili con le funzioni previste da un altro settore della convenzione, o ancora muovendoci verso l’ambito territoriale dell’azienda Y dove diversi dei medici hanno dovuto negli anni pagarsi di tasca propria le ricertificazioni previste per ACLS e PALS…, così come anche a Z, o nel W ove oggi si pretendono applicare interpretazioni retroattive per i modelli organizzativi che hanno visto la sistematica violazione dei profili contrattuali dei medici convenzionati, trattati in maniera equiparata ed intercambiabile con i dirigenti tranne che per gli ovvi aspetti economici e previdenziali-assicurativi.
È oramai evidente, dopo 20 anni, che il progetto di unificazione sotto l'unico alveo contrattuale della dirigenza medica è miseramente fallito, avendo iniziato a scricchiolare già dall'anno seguente quelle delibere. Riteniamo oggi sia necessario un passo coraggioso da parte dell'amministrazione regionale che prenda posizione e riconduca tutte le aziende al necessario rispetto delle regole contrattuali e convenzionali così come quelle di organizzazione del sistema 118 che vogliamo ricordare nella stessa bozza prodotta dal Suo Assessorato si dichiara non essere organizzato in maniera completamente coerente con quelle che erano le disposizioni normative del decreto istitutivo del servizio.
Come SNAMI ribadiamo la piena volontà e disponibilità al supporto delle strutture ospedaliere di pronto soccorso pur nell’irrinunciabile rispetto del ruolo giuridico e contrattuale distinto e specificatamente studiato per l’emergenza extra ospedaliera.
Senza il rispetto del rispettivo inquadramento in una logica incentrata sul “Best Place to Work” non ci si meravigli l’emorragia di professionisti continuerà e non possiamo biasimare coloro i quali comprensibilmente scelgono di shiftare in altre branche del sistema pubblico se non direttamente all'attività privatistica, non soggetta alle mille incompatibilità e vessazioni subite nel pubblico.
Consapevoli che potrà apparire paradossale che un'organizzazione sindacale rifiuti di rinnovare un accordo vecchio di 14 anni per mantenere un testo vecchio e scaduto, confidiamo che in un prossimo futuro la stessa amministrazione regionale ci sarà riconoscente per aver mantenuto fermi i principi di tutela dei lavoratori e delle loro rispettive forme di inquadramento e formazione, quest’ultima non secondaria ma necessariamente legata a doppio filo all’ espletamento delle diverse mansioni in coerenza con quanto la normativa europea e nazionale.
Accettare quella logica che ci viene proposta esiterebbe nella rischiosa possibilità di creare, dei “dipendenti bonsai”, “usa e getta”, che, fintanto che dura la carenza medici, possono abdicare ai propri compiti contrattuali per inserirsi in sostituzione dei dipendenti specialisti. Capisce bene come quel modello sia impraticabile e fotocopia della stessa metodica surrettiziamente adottata in troppe aziende, con quei risultati che dopo 20 anni sono sotto gli occhi di tutti.
Le proposte che abbiamo avanzato, e che per completezza formale rialleghiamo anche a tutti i rappresentanti dei colleghi dipendenti impegnati sull’altro tavolo, sono per noi quelle realisticamente percorribili senza calpestare i diversi profili di inquadramento, ampiamente condivise dai professionisti di settore da Piacenza a Rimini, e che riteniamo potrebbero trattenere i medici dal prossimo esodo di luglio e anzi favorire una nuova attrattività per il settore, con ingresso di nuovi medici.
In questi termini - e ciò non vuole essere solo un vacuo elemento augurale - la nostra disponibilità e volontà collaborativa a ricercare e perseguire soluzioni di sintesi è e sarà comunque massima nonostante la negativa conclusione delle trattative in questa istanza.
Il Presidente Regionale
Dott. Roberto PIERALLI
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